Roberto d'Altavilla detto il Giuscardo duca di Puglia di Calabria e Sicilia

Roberto d'Altavilla, detto il Guiscardo (in francese antico Guischart, "Volpe, Astuto") e Terror Mundi ("Terrore del Mondo")[1] (Hauteville-la-Guichard, 1015 circa – Cefalonia, 17 luglio 1085), è stato un condottiero normanno. Sesto figlio di Tancredi (conte di Hauteville-la-Guichard) e primo della sua seconda moglie Fresenda (o Fressenda, figlia di Riccardo I di Normandia, detto Riccardo Senza Paura), divenne Conte di Puglia e Calabria alla morte del fratello Umfredo (1057). In seguito, nel 1059, fu investito da papa Niccolò II del titolo di Duca di Puglia e Calabria e Signore di Sicilia. ROBERTO d’Altavilla, detto il Guiscardo, duca di Puglia, di Calabria e di Sicilia. – Primo dei figli di Tancredi, signore di Hauteville (Normandia occidentale) e della sua seconda moglie, Fressenda, nacque probabilmente nel 1015. Nulla si sa del periodo trascorso in Normandia, né della data della sua venuta nell’Italia meridionale (al più presto, fine degli anni Quaranta dell’XI secolo). La prima, faticosa fase della sua carriera nel Sud è nota solo a grandi linee. Roberto passò un breve periodo al servizio del principe di Capua Pandolfo IV (o V?), con il quale ruppe per un disaccordo relativo al suo compenso. Probabilmente nello stesso periodo sposò Alberada, zia (evidentemente di giovane età) del normanno Gerardo, divenuto conte di Buonalbergo probabilmente all’inizio degli anni Cinquanta. Gerardo, che di Roberto rimase fedelissimo alleato per tutta la vita, è in Amato di Montecassino (Storia de’ Normanni..., a cura di V. De Bartholomaeis, 1935, III, 11) il primo a rivolgersi a lui con il soprannome di Guiscardo, «l’Astuto». Al contrario, Roberto non fu particolarmente aiutato dal fratello Drogone, figlio di Tancredi e della sua prima moglie, Muriella. Drogone lo aveva preceduto nell’Italia meridionale e aveva già guadagnato una posizione di preminenza tra le bande normanne attive in Puglia, ereditata dal maggiore dei fratelli Altavilla, Guglielmo. Roberto fu insediato nella Calabria settentrionale, probabilmente non a caso lontano dal principale teatro di azione del fratello; era alla testa di un manipolo di cavalieri che facevano base presso la rocca di Scribla. In questo difficile e non breve periodo calabrese – da collocare prima della battaglia di Civitate (1053) secondo Amato di Montecassino, e dopo di essa secondo Goffredo Malaterra – l’attività del Guiscardo ebbe un carattere spiccatamente predatorio: sequestri di persona a scopo di riscatto e furto di bestiame furono attività frequenti del gruppo, povero di risorse ed evidentemente non ancora capace di esercitare un dominio strutturato sull’area circostante. La cattura di un notabile del posto, Pietro di Bisignano, e la successiva alleanza con lui segnarono però un primo legame del Guiscardo con le società locali. Secondo i citati cronisti, a Civitate Roberto avrebbe ricoperto un ruolo importante, comandando un’ala delle truppe normanne nello scontro con il papa Leone IX. Ma la battaglia non fu probabilmente uno snodo significativo nella vicenda di Roberto: negli anni successivi, infatti, egli espanse la sua area di azione in Calabria, ma senza cambiare radicalmente la qualità della sua presenza. È vero che dal 1056 in effetti non solo Bisignano, ma anche Martirano e Cosenza (molto più a Sud) gli versavano tributo e gli davano aiuti militari, ma ciò non esprimeva un potere strutturato in forma stabile, di un vero e proprio controllo signorile, bensì una pressione esercitata su quei centri dall’esterno. Il vero salto di qualità nella carriera del Guiscardo avvenne nei primi mesi del 1057. Egli ereditò il ruolo e il titolo comitale dal defunto fratello Umfredo, succeduto a Drogone a capo dei Normanni di Puglia, senza tener conto dei diritti di Abelardo, figlio minore di Umfredo, poi suo avversario tenace. Roberto si trovò così, subito dopo, proiettato in uno scenario assai ampio, e assunse un rilievo cruciale nelle vicende complessive dei Normanni, anche se la dorsale appenninica tra Calabria e Lucania – in specie, Melfi e Venosa – rimase per diversi anni l’area di sua più forte presenza, come già per Drogone, Umfredo e il loro clan. Assumendo l’egemonia sul gruppo, il Guiscardo tuttavia ridefinì la prospettiva, probabilmente con consapevole calcolo politico, dedicandosi più alla conquista della Calabria che all’area pugliese, popolata da un numero maggiore di capi e con ogni probabilità più difficile da controllare. In effetti, anche negli anni successivi la Puglia fu teatro di una conquista non del tutto scoordinata, ma condotta su un piano ancora sostanzialmente paritario dal gruppo raccoltosi attorno ai primi Altavilla, insofferente dell’egemonia nuova che il duca tendeva a imporre. Non a caso la regione adriatica fu anche lo scenario di tutte le maggiori rivolte nei confronti del Guiscardo, fino ai suoi ultimi anni. Con le nuove risorse a sua disposizione, fra la primavera e l’estate del 1057 Roberto intraprese dunque una campagna di conquista della Calabria meridionale, prendendo subito Squillace, Nicastro e Maida. Nei primi mesi del 1058 ebbe il primo contrasto con Ruggero, il fratello minore, futuro conte di Sicilia, che avendolo affiancato nell’impresa calabrese pretendeva un compenso; e ottenne la metà della Calabria ancora da assoggettare, con Mileto come base. In un paio d’anni la conquista della regione fu completata; tra la fine del 1059 (più probabilmente) e i primi mesi del 1060 Reggio fu conquistata e Roberto vi fu acclamato duca dalle truppe. Nel frattempo Roberto aveva avviato le trattative che lo portarono (seconda metà del 1058) a ripudiare la prima moglie, Alberada, in favore di Sichelgaita, sorella di Gisulfo II, principe di Salerno. Fu una tappa importante della sua piena legittimazione politica. Una seconda, decisiva in prospettiva non solo per lui, ma per tutti i normanni, seguì di lì a pochissimo. Durante il Concilio indetto nell’agosto del 1059 a Melfi, nel cuore del potere degli Altavilla, Roberto giurò fedeltà a papa Niccolò II che lo investì del ducato di Puglia, di Calabria e di Sicilia, quest’ultima ancora da conquistare, così come pure, probabilmente, investì principe di Capua Riccardo di Aversa. Rimasero esclusi dall’orizzonte della conquista i principati longobardi. Il duca si impegnò da parte sua a proteggere militarmente il papa, a corrispondergli annualmente un tributo, a porre sotto la potestà papale tutte le chiese che avesse conquistato, a garantire le procedure per la regolare elezione del pontefice. Il titolo ducale, che già altri avevano portato nei decenni 1040-50 in Italia meridionale (Melo, Argiro, Guaimario IV, lo stesso Guiscardo, già prima di Melfi), diveniva ora il segno di una compiuta legittimazione di fronte agli altri capi normanni e all’interno del panorama politico complessivo dell’Italia meridionale. L’investitura papale diede al Guiscardo un prestigio nuovo di fronte ai normanni, consentendogli ora di rendere esplicito il disegno di un dominio esteso a buona parte del Mezzogiorno. Questo salto di qualità non ebbe forse immediata risonanza tra i contemporanei: i due principali cronisti, Amato e Malaterra, accennano appena al giuramento di Melfi. La conquista restava d’altronde un orizzonte, e lo sforzo militare necessario per compierla comportava ripercussioni all’interno della stessa compagine normanna. Fonte: © Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani - https://www.treccani.it/enciclopedia/roberto-d-altavilla-detto-il-guiscardo-duca-di-puglia-di-calabria-e-di-sicilia_(Dizionario-Biografico)/

Roberto d'Altavilla, detto il Guiscardo (in francese antico Guischart, "Volpe, Astuto") e Terror Mundi ("Terrore del Mondo")

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